Romanzo storico pubblicato dal gesuita Antonio Bresciani nel 1850 per
contribuire alla polemica cattolica contro il Risorgimento italiano. Vi si
narrano, con frequenti digressioni, compiacimenti descrittivi e barocchismi
linguistici, le avventure del giovane ebreo Aser, fervente mazziniano, il quale,
di fronte agli orrori e alle nefandezze perpetrate, secondo Bresciani, dalla
"Giovine Italia" finisce per abbandonare la lotta patriottica e convertirsi al
Cattolicesimo romano, il che gli costerà la vita, spento dal pugnale di
un sicario della "setta". Oltre a certi soprassalti dello stile, il motivo di
maggior interesse presentato dal lungo e farraginoso romanzo risiede nella
descrizione degli eventi politici italiani ed europei del biennio 1848-49
effettuata con un'ottica totalmente e genuinamente reazionaria e legittimistica.
Infatti il re di Francia Luigi Filippo diventa la prima, storicamente accertata,
"diga al comunismo", mentre Mazzini viene dipinto come un cupo aspiratore e
dispensatore di morte, la cui violenza e perfida satanica risultano - come del
resto l'azione degli altri personaggi - totalmente immotivate. Giudicato da De
Sanctis un "racconto famoso per l'impudenza e sciocchezza delle menzogne", il
libro di Bresciani, che pure era stato pubblicato originariamente a puntate
sulla neonata rivista dei gesuiti "Civiltà cattolica", ottenendo un
notevole successo di curiosità polemica, finì in breve tempo
equamente dimenticato da amici e avversari.